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Incontriamo Alois Lageder, impegnato a rinnovare Demeter Italia: la biodinamica è la vera agricoltura, quella che esiste da 10 mila anni
Non sono passati così tanti anni da quando sulle retro etichette delle bottiglie è apparso il marchio Demeter, simbolo dell’associazione omonima che garantisce l’applicazione delle pratiche biodinamiche nelle aziende agricole, eppure le regole che sono alla sua base sono state messe per iscritto quasi 100 anni fa in Germania, nel 1927, da un gruppo di agricoltori che si richiamava agli insegnamenti di Rudolf Steiner. Demeter International, come la conosciamo oggi, nasce invece nel 1997 e riunisce più di 3000 produttori in 43 stati diversi.
In Italia, da meno di un anno, il presidente è Alois Lageder quinta generazione dell’omonima azienda vitivinicola di Magrè, in provincia di Bolzano. Una carica che il produttore altoatesino ha accettato dopo quasi 15 anni di agricoltura biodinamica applicata all’azienda e che vuole portare avanti nel nome del cambiamento. Ragion per cui dibattiti e discussioni in seno al consiglio direttivo non sono mancati. Con lui abbiamo fatto il punto della situazione a quasi un anno dalla nomina e parlato di agricoltura, ovviamente.
Il 1° settembre scorso, il primo giorno di incarico lei ha detto: “Assieme al Consiglio Direttivo lavoreremo sulla struttura dell’Associazione, adeguandola alle esigenze attuali”. Quali punti avete affrontato in questi 10 mesi?
Negli anni ’70 dello scorso secolo sono nati standard di produzione e di trasformazione piuttosto all’avanguardia. Di contro una certa rigidità nell’applicazione degli stessi ha burocratizzato in eccesso l’anima di Demeter. Ora siamo al punto in cui diciamo i criteri di produzione sono importanti, ma alla fine deve valere di più il risultato. Più che regole ci vorrebbero delle linee guida e oltre ai controlli dovremo in futuro offrire sostegno, continua formazione per aiutare un agricoltore a diventare un bravo produttore biodinamico.
E in che modo pensate di “svecchiare” l’associazione?
Ne abbiamo discusso a lungo in Consiglio: vogliamo essere un organo di sviluppo e non di controllo. Abbiamo già messo in atto, assieme all’Associazione Biodinamica, un nuovo iter formativo: chi vuole diventare socio e avere il marchio Demeter verrà affiancato da un tutor che valuterà il grado di conoscenza e di volontà del produttore che vuole passare alla biodinamica. Ciò vuol dire che all’agricoltore verrà consigliato di seguire dei corsi, incontrarsi con colleghi che sono già dei bravi biodinamici o prendere una consulenza tramite degli esperti. Dopo un anno il tutor consegnerà un report e se positivo Demeter avvierà l’iter per il controllo e il riconoscimento. Stimiamo che in tutto ci vorranno tre, quattro anni. Ovviamente, mi pare evidente che il focus di tutto questo lavoro è basato sulla formazione e l’assistenza.
Quando pensa che questa proposta entrerà nello Statuto?
Nel gruppo di lavoro che ha elaborato l’iter c’è stato un grande spirito di apertura, di condivisione e di flessibilità. Perciò è stato possibile arrivare alla conclusione già dopo quattro mesi. L’iter è già stato approvato dall’assemblea generale di Demeter ed è già entrato in vigore a maggio. L’associazione Biodinamica sta già definendo, in accordo con l’associazione Demeter, la lista dei tutor che verranno selezionati tra gli stessi produttori più “virtuosi”, ma potranno essere anche consulenti o responsabili delle varie sezione dell’associazione Biodinamica.
Questa è stata anche una sua esigenza personale?
Anche la mia esperienza, in 15 anni di contatto come socio di Demeter, era quella di vivere l’associazione come controllore con il quale difficilmente ti puoi identificare. Il controllo e la conseguente certificazione dovranno essere la conseguenza di un forte lavoro di sostegno, di consulenza, di supporto che va dato al socio assieme all’Associazione Biodinamica.
Nei nove decenni della sua esistenza, Demeter era diventata spesso troppo rigida, troppo esclusiva, troppo arroccata su posizioni non in sintonia con la filosofia della libertà professata da Steiner. Nella medicina, Steiner dice che il medico antroposofico prima di tutto dev’essere un bravo medico, l’antroposofia poi è considerata un’aggiunta. Così l’agricoltore prima di tutto deve conoscere bene la pianta e la natura, e la biodinamica lo può aiutare in questo.
Questo nuovo corso inizia dall’Italia?
Ogni paese ha fatto la sua esperienza e seguito strade diverse. In alcuni, come Germania e Olanda, anni fa si è iniziato a proporre i colloqui aziendali, incontri tra soci Demeter per aiutarsi a vicenda. L’iter formativo è un approccio nuovo voluto da Demeter Italia cercando di capire le necessità della situazione italiana. Per venire incontro alle richieste del socio Demeter in Italia abbiamo inviato un questionario ai soci per capire quali fossero le esigenze.
Alcuni considerano la quota associativa, pari al 2 per cento del fatturato aziendale, eccessiva.
Non credo che sia alta di per sé. Credo invece che la quota associativa e i diritti d’uso verranno sostenuti volentieri se ci sarà un ritorno, se verrà fornito un servizio che porterà un vero beneficio pratico all’agricoltore. Il nostro lavoro deve essere efficiente, più dinamico e più veloce. Non dimentichiamo che la certificazione, specialmente all’estero, può garantire anche maggiori introiti economici. Penso a cosa sta succedendo dalle mie parti in Val Venosta con le mele: il produttore riesce oggi ad aumentare la sua rendita per ettaro anche del 50 per cento, se può certificare le sue mele come biologiche.
E invece la sua esperienza personale cosa racconta?
Invito chiunque a venire a Magrè per vedere da vicino la nostra esperienza. Non bisogna aspettarsi dimostrazioni scientifiche, cosa che in verità a me interessa poco. A me bastano i miei occhi e i fatti. Ogni anno scopriamo cose nuove, sarebbe quindi una perdita di tempo applicare dei concetti fissi. La biodinamica lavora anche sulla dimensione spirituale e la sua applicazione mi ha fatto capire molte cose sull’universo e la sua creazione.
E cosa vedono i suoi occhi?
La vitalità delle piante. Tutto spinge verso l’alto. La verticalità è più accentuata. Dopo l’uso del corno silice le foglie assumono una forma più concava, sono più turgide, vellutate. Inoltre nei nostri vigneti portiamo pecore e mucche che, dopo la vendemmia, mangiano l’erba tra i filari. È un accordo che abbiamo fatto con degli allevatori delle valli alte che d’inverno devono portare il loro bestiame nelle stalle. Da noi invece pascolano da fine settembre fino a fine marzo tra i filari e contribuiscono, con la loro presenza, la loro astralità, a una crescita armoniosa ed equilibrata delle viti. Con questo progetto abbiamo riattivato la transumanza che anche nei nostri territori prevedeva nel medioevo dei diritti di pascolo per il bestiame dei contadini delle valle di montagna nelle pianure della valle dell’Adige.
Alle critiche rivolte all’agricoltura biodinamica – tacciata di essere poco comprensibile a causa di derive mistiche – cosa risponde la sua esperienza?
Vengo da una famiglia che ha sempre coltivato l’interesse per gli aspetti esoterici, così come per la biologia. Mio padre si interessava della grafologia e ancora oggi, prima dell’assunzione di una collaboratrice o di un collaboratore, chiediamo una prova grafologica il cui risultato ci aiuta nella selezione e nella scelta. Il punto è che tutto è correlato. Per avere prodotti di qualità bisogna far caso ai dettagli, alle interdipendenze tra Natura e Uomo. Le critiche nascono da una visione superficiale e settoriale del mondo in cui viviamo. Certo, il movimento biodinamico ha fatto degli errori, soprattutto ponendosi in modo troppo elitario. Invece bisogna far capire che la biodinamica è la vera agricoltura, quella che esiste da 10 mila anni. La razionalizzazione delle coltivazioni è frutto solo degli ultimi 300-400 anni. Siamo riusciti ad aumentare la rendita dei nostri terreni abbassando i costi, ma abbiamo smarrito il rapporto diretto con la terra. La spiritualità è qualcosa di molto più pragmatico di quello che si crede. Tornare a capire le leggi di Natura, questo è il compito ed il dovere di un vero agricoltore.
di Francesca Ciancio